"Dire che i summer camp ti cambiano in meglio è riduttivo. L’impatto sulla mia vita è stato enorme."
Per un bambino o un ragazzo, il primo viaggio da solo è un’esperienza davvero molto importante. Lo vediamo nei loro occhi quando li incontriamo per la prima volta in aeroporto, in stazione o direttamente in loco: alcuni arrivano timorosi e silenziosi, altri un po’ più spigliati, ma nel giro di qualche ora tutti si sciolgono.E tornano a casa con qualcosa in più: nuovi amici, nuove competenze, ma soprattutto una nuova consapevolezza di sé. Un summer camp è un passo fondamentale verso l’autonomia. Sono solo due settimane ma sono amplificate rispetto a un’esperienza non residenziale. E i genitori a casa lo confermano: “è cresciuto tantissimo”; “non fa che parlare del summer camp” sono i commenti più diffusi.
Oggi però ci siamo fatti una domanda di più ampio respiro: che cosa resta dei summer camp, quando i mesi passano e la routine torna a fare da padrona?
Lo abbiamo chiesto a Paolo, che è stato tre volte ospite dei summer camp Tourservice, e che oggi è un brillante universitario.
Paolo, quali esperienze di vacanza studio hai fatto con Tourservice?
Sono stato a Londra nel 2018, quando avevo quattordici anni appena compiuti. Nel 2021 ho scelto una vacanza in Italia, in montagna, perché le restrizioni legate alla pandemia comportavano delle condizioni di viaggio particolari. Infine, dopo la maturità, ho scelto New York.
Oggi che sei un universitario e vivi da solo, che cosa ti resta dei tuoi primi viaggi studio?
Dire che quelle esperienze ti cambiano in meglio, è riduttivo. L’impatto sulla vita di un ragazzo è enorme. Ho imparato a conoscere me stesso fuori dalla mia comfort zone.
Ti basti pensare che la prima volta sono partito con tre ragazzi della mia città, la seconda volta conoscevo solo una persona, la terza sono partito da solo. E mi sono accorto che quando parti da solo vai davvero alla scoperta di te stesso, e ti leghi molto di più alle persone che incontri, alle loro storie.
Da un lato, essendo un viaggio organizzato, sono sempre stato accompagnato e al sicuro, però ho dovuto fare i conti con i lati positivi e negativi del mio carattere, quelli che magari non vedi quando sei immerso nella routine fatta di scuola e di amici a cui sei abituato.
E oggi?
E oggi sono un ragazzo del sud che vive a Milano da solo.
Prima di partire, com’è avvenuto il confronto in famiglia?
Ho la fortuna di aver sempre potuto contare su un confronto bidirezionale, in famiglia, e inoltre ero già partito diverse volte con gli scout. Ma naturalmente da parte loro non è mancata la preoccupazione: del resto sono partito per Londra a quattordici anni appena compiuti.
Soprattutto durante l’esperienza a New York ho conosciuto ragazzi che per fare quel viaggio hanno dovuto battere i pugni a casa. Il consiglio che do a genitori e ragazzi è quello di ascoltarsi reciprocamente. L’esigenza di viaggiare per un ragazzo è importante, serve per uscire dagli schemi della quotidianità.È normale che da parte dei genitori ci sia paura e stress: se i miei non si fossero fidati di Tourservice non sarei partito tre volte con voi.
Ma alla fine credo che non ci sia cosa più bella per un genitore che vedere un figlio che sta facendo quello che realmente vuole fare.
Che cosa ne pensi dei corsi di inglese che hai frequentato in questi anni durante le vacanze studio?
La cosa che lasciano questi corsi è l’approccio anglosassone all’insegnamento. L’inglese non viene affrontato come nella scuola italiana, in maniera frontale. In questi corsi ci sono lezioni interattive, che si basano sullo scambio, sulla conversazione, sul confronto di idee. Il corso ti distrae dalla routine scolastica, dal libro, dal banco, e ti lega a un approccio più umano, più naturale. Non si studia la regoletta ma ci si cimenta nella comunicazione.È vero che non sempre le classi sono internazionali, però gli insegnanti ti spingono a parlare in inglese anche con i tuoi amici italiani, e sei costretto a rompere il ghiaccio, non è cosa da poco. Lo stesso quando vai in giro per escursioni e devi chiedere informazioni o interagire.
Questa esperienza ti dà davvero un plus nella vita.
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